Tutto quello che ho

Tutto quello che ho
è il mio sguardo miope e astigmatico sul mondo
(che, comunque, vede meglio di tanti altri)

Tutto quello che ho
è il mio corpo scomodo
imponente, fragile

Tutto quello che ho
è un etto e mezzo di feroce sarcasmo
non di più, non di meno

Tutto quello che ho
è una macchina analitica
che sfreccia nella mia testa
senza assicurazione

Tutto quello che ho
è la paura che m’accompagna
di non riuscire, di non capire
essere solo, essere vivo

Tutto quello che ho
è il mio assoluto talento
nell’essere inaffidabile
e un po’ eremita

Tutto quello che ho
è una betoniera di frasi coraggiose
nella mia bocca impastata
e un esercito di fotografie nel miocardio
che come un diaframma troppo aperto
illuminato a lungo
conosce croce e delizia
della sovraesposizione

Tutto quello che ho
è il gomitolo delle braccia che mi amano,
in bilico tra nebbia e catarsi,
in questa giornata di sole

Un attentato non è una borsetta

Un attentato non è una borsetta
in via d’esplosione sulla metro.
Molti stanno tra la finestra e il divano, vicino all’impianto stereo.
Il masochismo è la pubblicità d’un cosmetico,
serve a pubblicizzare ogni difetto,
è quella canzone di cui tutti sanno le parole
e di cui nessuno ricorda l’autore,
un verme che non è solitario,
una bomba ad orologeria conficcata
tra l’autostima e la dignità.
Annichilirsi è facile e veloce:
per cadere a pezzi in rate mensili
non serve neanche un contratto!

La maggior parte delle minacce terroristiche
non hanno uno straccio di comunicato.
Sono nelle maniche lunghe, nei pantaloni larghi,
nei desideri che nessuno prende per il collo
nel respiro corto, negli occhi stanchi,
nei soldi irreperibili,
nel disimpegno in amore e in lotta,
nei pacchetti di sigarette, nell’insonnia
nelle sessioni di terapia, gli psicofarmaci,
le periferie bastarde dell’impero,
nei messaggi alle quattro del mattino.
I lampioni dei parchi sono segnali di fumo
per l’armata dei disgraziati.

Ma come si conduce una caccia al kamikaze?
Si reclutano legami. Ogni truppa è composta di un numero imprecisato
di persone che non sanno d’essere indispensabili.
Questa guerra prevede l’uso della forza.
Non quella di un muscolo che si flette avanti
per spaccarmi un sopracciglio.
Non quella dei moduli e dei manganelli.
E cos’è? una rosa che nasce dal diserbante,
la scintilla di un accendino
che viene dalla vulnerabilità:
un gas speciale che infervora le fiamme
quando uno si permette di soffrire.

Mutter

Tieni le sigarette
nello stesso cassetto dei medicinali
e me ne sono accorto
troppo tardi

Quando la rivoluzione bussa alla porta

Quando la rivoluzione bussa alla porta
la pensi un afflato di tramontana
che porta via con sé ogni ingiustizia

Quando la rivoluzione bussa alla porta
ha l’aspetto dell’inquisitore, dell’impiegato, dell’ufficiale
che con ferma arroganza di legge
ti dice
fine contratto
niente esenzione
sotto sfratto

Quando la rivoluzione bussa alla porta,
ti getta in braccio un fucile
e io che sono sempre così arrabbiato
e io che sono sempre così arrabbiato
contro i ricchi lo stato e tutto il resto
penso: le cose si fanno serie
e il tracciato sismografico delle mie mani
è ampio e vivace quasi quanto il mio sorriso
e la mia ansia

Quando la rivoluzione bussa alla porta
gli alfieri dell’apatia di cui sono figlio
in giardino spiegano animosamente tutto
ai vicini di casa che piangono e urlano
e gli altri chiusi in casa non proferiscono parola
illusi che tutto andrà bene

Quando la rivoluzione bussa alla porta
non pensi mai che lo faccia
con le piccole tragedie
ma le piccole tragedie sono grandi tragedie
e questo non l’ha capito nessuno

Quando la rivoluzione bussa alla porta
non bussa, sfonda senza alternativa
e precipita nella tua vita come potrebbe un aeroplano
prepotente fino alla vittoria.