In porta

Se fossi un calciatore
sarei senz’altro un portiere
un guastafeste che disseziona da lontano
il momento concitato dello scontro.

Gioco per una squadra
che non mi concede il suo colore.
Mi porto due disgrazie sulla schiena
quella d’essere il numero uno
e la pretesa di toccare la traversa
restando cogli scarpini per terra.
Se non ci riesco mi sento piccolo.
I riflettori m’accecano e m’imbarazzano
e sono solo al mondo, schivo a fondocampo.

Non cercatemi nelle formazioni,
sempre dalla stessa parte mi troverete.
Non cercatemi tra le figurine:
il mio posto nella storia non è fare gol.
È impedirlo alla maglia sbagliata.

 

I bambini non sono innocenti

I bambini non sono innocenti,
sono imputati in attesa di giudizio.
I bambini vengono al mondo già colpevoli
nel misfatto di non essere nati
a immagine e somiglianza
delle illusioni.

Tutto quello che ho

Tutto quello che ho
è il mio sguardo miope e astigmatico sul mondo
(che, comunque, vede meglio di tanti altri)

Tutto quello che ho
è il mio corpo scomodo
imponente, fragile

Tutto quello che ho
è un etto e mezzo di feroce sarcasmo
non di più, non di meno

Tutto quello che ho
è una macchina analitica
che sfreccia nella mia testa
senza assicurazione

Tutto quello che ho
è la paura che m’accompagna
di non riuscire, di non capire
essere solo, essere vivo

Tutto quello che ho
è il mio assoluto talento
nell’essere inaffidabile
e un po’ eremita

Tutto quello che ho
è una betoniera di frasi coraggiose
nella mia bocca impastata
e un esercito di fotografie nel miocardio
che come un diaframma troppo aperto
illuminato a lungo
conosce croce e delizia
della sovraesposizione

Tutto quello che ho
è il gomitolo delle braccia che mi amano,
in bilico tra nebbia e catarsi,
in questa giornata di sole

Un attentato non è una borsetta

Un attentato non è una borsetta
in via d’esplosione sulla metro.
Molti stanno tra la finestra e il divano, vicino all’impianto stereo.
Il masochismo è la pubblicità d’un cosmetico,
serve a pubblicizzare ogni difetto,
è quella canzone di cui tutti sanno le parole
e di cui nessuno ricorda l’autore,
un verme che non è solitario,
una bomba ad orologeria conficcata
tra l’autostima e la dignità.
Annichilirsi è facile e veloce:
per cadere a pezzi in rate mensili
non serve neanche un contratto!

La maggior parte delle minacce terroristiche
non hanno uno straccio di comunicato.
Sono nelle maniche lunghe, nei pantaloni larghi,
nei desideri che nessuno prende per il collo
nel respiro corto, negli occhi stanchi,
nei soldi irreperibili,
nel disimpegno in amore e in lotta,
nei pacchetti di sigarette, nell’insonnia
nelle sessioni di terapia, gli psicofarmaci,
le periferie bastarde dell’impero,
nei messaggi alle quattro del mattino.
I lampioni dei parchi sono segnali di fumo
per l’armata dei disgraziati.

Ma come si conduce una caccia al kamikaze?
Si reclutano legami. Ogni truppa è composta di un numero imprecisato
di persone che non sanno d’essere indispensabili.
Questa guerra prevede l’uso della forza.
Non quella di un muscolo che si flette avanti
per spaccarmi un sopracciglio.
Non quella dei moduli e dei manganelli.
E cos’è? una rosa che nasce dal diserbante,
la scintilla di un accendino
che viene dalla vulnerabilità:
un gas speciale che infervora le fiamme
quando uno si permette di soffrire.