Il calendario è bugiardo

Sveglia. In realtà no, non la sento mai. Allungo la mia mano destra verso il telefono, dove mi chiamano per tentare ancora di spillarmi soldi che non ho. Vado a passo spedito in cucina. Nel frigo c’è ancora un sacco di merda, che è quello che uno mangia per vivere, quando deve badare a spese. Apro le persiane, e quelle mi salutano con una brezza leggera e uno sguardo sul mondo. Da quando è arrivata la cementificazione il verde s’è fatto timido: una volta c’era un campetto in terra battuta che già a febbraio si ricopriva quasi interamente di margherite. Ora, senza rami, fuori da questa finestra un uccellino canta sopra un’antenna parabolica. Mi giro per andare a prendere un libro e una persona scende nervosamente le scale. Non ho bisogno di guardarla per saperlo, conosco bene il rumore degli scalini delle case popolari quando li calpesti in fretta. Respiro. Servirebbe una memoria storica per ricordarsi di cosa sia una memoria storica. Un numero imprecisato di esseri viventi muoiono per finire nel piatto o nello sfruttamento altrui. I bambini sono costretti a giocare in parchi giochi per paranoici, molto sicuri e molto noiosi. I poliziotti perlustrano, i giudici sentenziano, i giornalisti scrivono molte idiozie. Il calendario è bugiardo. Oggi non mi sento libero per niente.

Irrazionale

Sono irrazionale
ma non illogico.
Sono irrazionale
come un numero.

È questo il termine rigoroso
per quando non sei esprimibile
in una forma che indichi le parti
tralasciando tutto il resto.

Le Cronache dei Buffi Emersi #1

Era già vespro inoltrato quando il prode Den Cuor di Bruschetta stava tornando allo stato di coscienza dopo tre intense ore di pennichella, compensative della notte precedente, spesa in insonnia e vaneggiamenti di carattere discutibilmente filosofico. Egli, con ciavatte e spada sguainata, si apprestava a inserire l’apposito chiavistello in quell’artifizio che gli abitanti della Terra di Kondomynio solevano chiamare “buca delle lettere”. Per qualche ragione,questa non voleva aprirsi. Era forse un sortilegio? Il triste divenire di un doloroso fato? Forse non lo sapremo mai. Ciò che sappiamo è che il cavaliere si vide costretto al cavalleresco estremo gesto di piantare le sue temprate nocche di guerriero in quell’ammasso di polvere e lamiera ch’aveva l’assurda pretesa di essere una ragionevole modalità di telecomunicazione. Le sue dite raggiunsero la preziosa missiva. La pergamena era racchiusa da un involucro senza mittente, presentava numerosi errori grammaticali e mischiava elementi di stampa con frettolose aggiunte d’inchiostro. Ohibò! Anche il peggiore dei bifolchi di Kondomynio avrebbe saputo vergare un manoscritto più degno. L’eroe, resosi conto del contenuto della missiva, che risultava essere l’ingiunzione di un essere misterioso detto Procuratore Stragiudiziale, aveva bisogno di un consulto. Immensa era la sua confusione: il termine non esisteva in nessuno dei dizionari del Regno. Un breve incontro con il Vecchio Saggio lo mise al corrente della reale natura di quell’oggetto: derubare gli sprovveduti. “Ti ringrazio, Vecchio Saggio”. Il luminare gli chiese cosa aveva intenzione di fare. “Quello che faccio di solito, messere”. Osservò di nuovo la missiva. “Chittesencula, strozzino demmerda!” enunciò con voce grande, mentre la carta finiva nella cesta del lerciume.

Non so scrivere poesie d’amore

Non so scrivere poesie d’amore.
Come si suppone che io ne sia in grado?
Mi chiedo per chi mi abbiate preso.
Chi sono io, Cupido?

Non ce li ho i versi riccioluti e l’acqua di colonia.
Non intingo la penna nell’arcobaleno per nessuno.
Non suono il flauto al galoppo vestito da principe azzurro.
Non ho denaro per cioccolatini. Non sei tutta la mia vita.
Non ho un cuore monoposto. Non pensarci nemmeno.

Il punto è che la quiete in carne ed ossa si cancella con un bacio,
ma è gesto da cretini baciare un foglio bianco.
Ne deduco che sono un cretino.
Perché, capiamoci, posso vivere senza di te,
ma non intendo farlo.

Stammi a sentire.
Posso sorprenderti una volta al giorno.
Posso parlarti con disturbante candore.
Posso sciogliere l’iceberg nelle mie pupille.
Posso offrirti tutti quei momenti
che non dedico alla sopravvivenza.
Posso sostenerti, se mi reggo in piedi.
Posso regalarti graffi, carezze,
la mia psiche irruente e difettosa.
Prendere o lasciare.

Comunque, ti amo tanto.
Come vedi me la cavo
coi giri di parole.

Roghi

Le mie cornee non perfettamente sferiche
mettono a fuoco due volte
il nervo ottico traina le immagini
il cervello le sovrappone
i miei neuroni
compongono quindi
un collage
di roghi