Blues per un fisico teorico

Papà aveva un’astronave bianca e rumorosa
modello volkswagen golf
lui pilota e io comandante
una volta al mese
prendevamo l’autostrada per il cosmo
per atterrare dopo cento chilometri circa

Base, base, mi sentite?
sono sceso dalla navicella.
Nel farlo ho flirtato con la gravità
(che è un modo carino per dire
che sono inciampato).
Questo mondo è così verde
ho una farfalla sul naso
e le formiche superstiti del mio passo
mi fanno alpinismo sulle scarpe.
Ci sono animali con le mie stesse proporzioni
che gesticolano agli oggetti, mentono
e fanno altre cose che non capisco.
Il pilota dice che sono discorsi da adulti.

Base, siete ancora lì?
In punta di piedi su un sentiero di pini, o sdraiati sui sedili
sono luoghi per bimbi, amanti, scienziati e poeti
ammesso che ci sia differenza
tra me e la luna in corsa o da fermo
c’è sempre la stessa distanza
e vedo che incede il cielo che avanza
e poi torno a terra a passo di danza
di nuovo di corsa a cambiarsi ad avvolgersi nelle lenzuola
che il giorno dopo è l’ennesimo giorno di scuola.
Houston, nessun problema.

Ero e sono un animale strano.
Elenco, ordino, catalogo gingilli, persone e pensieri,
fisso lampade, centravanti e violini,
i fiori, i disastri, i mulinelli nei lavandini.
Il mio migliore amico è il temporale
quando bussa apro le persiane
qualcuno urla che entra l’acqua
e io rispondo: beh, l’eleganza ha un prezzo
(ma l’eleganza non asciuga i pavimenti).

Ho smesso con ogni parrocchia,
la domenica sto a messa in discussione.
Vivo ancora su un altro pianeta
sui gradini di una scala armonica
note di amore e matematica
in una melodia al di là del visibile
dove gli errori si chiamano dati
dove gli incidenti si chiamano scoperte.
Sono figlio dell’atomo e l’universo è in costante espansione.
Come la tenerezza.

Non voglio uccidere un fiore

Vorrei regalarti un fiore,
ma non sono del tutto convinto.
Non voglio uccidere un fiore.

Dovrei strapparlo alla terra
e come un killer da serie tv
avrò le mani insanguinate
avrò le scarpe piene di fango
o come un mandante qualunque
avrò solo la responsabilità,
ma senza troppi rimorsi

E quello cosa può fare
E quello cosa può fare, se non appassire
sorridente in un giorno azzurro
quando calchi il marciapiedi
nel secondo in cui stai per uscire

Ma me lo farò andare bene,
in amore muore sempre qualcuno.
Per una volta, potrebbe essere qualcosa.

Tutto quello che ho

Tutto quello che ho
è il mio sguardo miope e astigmatico sul mondo
(che, comunque, vede meglio di tanti altri)

Tutto quello che ho
è il mio corpo scomodo
imponente, fragile

Tutto quello che ho
è un etto e mezzo di feroce sarcasmo
non di più, non di meno

Tutto quello che ho
è una macchina analitica
che sfreccia nella mia testa
senza assicurazione

Tutto quello che ho
è la paura che m’accompagna
di non riuscire, di non capire
essere solo, essere vivo

Tutto quello che ho
è il mio assoluto talento
nell’essere inaffidabile
e un po’ eremita

Tutto quello che ho
è una betoniera di frasi coraggiose
nella mia bocca impastata
e un esercito di fotografie nel miocardio
che come un diaframma troppo aperto
illuminato a lungo
conosce croce e delizia
della sovraesposizione

Tutto quello che ho
è il gomitolo delle braccia che mi amano,
in bilico tra nebbia e catarsi,
in questa giornata di sole

Un attentato non è una borsetta

Un attentato non è una borsetta
in via d’esplosione sulla metro.
Molti stanno tra la finestra e il divano, vicino all’impianto stereo.
Il masochismo è la pubblicità d’un cosmetico,
serve a pubblicizzare ogni difetto,
è quella canzone di cui tutti sanno le parole
e di cui nessuno ricorda l’autore,
un verme che non è solitario,
una bomba ad orologeria conficcata
tra l’autostima e la dignità.
Annichilirsi è facile e veloce:
per cadere a pezzi in rate mensili
non serve neanche un contratto!

La maggior parte delle minacce terroristiche
non hanno uno straccio di comunicato.
Sono nelle maniche lunghe, nei pantaloni larghi,
nei desideri che nessuno prende per il collo
nel respiro corto, negli occhi stanchi,
nei soldi irreperibili,
nel disimpegno in amore e in lotta,
nei pacchetti di sigarette, nell’insonnia
nelle sessioni di terapia, gli psicofarmaci,
le periferie bastarde dell’impero,
nei messaggi alle quattro del mattino.
I lampioni dei parchi sono segnali di fumo
per l’armata dei disgraziati.

Ma come si conduce una caccia al kamikaze?
Si reclutano legami. Ogni truppa è composta di un numero imprecisato
di persone che non sanno d’essere indispensabili.
Questa guerra prevede l’uso della forza.
Non quella di un muscolo che si flette avanti
per spaccarmi un sopracciglio.
Non quella dei moduli e dei manganelli.
E cos’è? una rosa che nasce dal diserbante,
la scintilla di un accendino
che viene dalla vulnerabilità:
un gas speciale che infervora le fiamme
quando uno si permette di soffrire.

Non puoi essere uno sbaglio

Pensi sempre
di essere grasso
o di essere brutta
e non riesco a capirti.
Quel che vedo io è un paesaggio,
e nessuno si è mai lamentato
di una montagna troppo piccola,
di un oceano troppo vasto,
di una pianura con troppo vento,
di un bosco in cui cascano
troppe foglie in autunno.
Se in questo disegno casuale
i rovi hanno le more,
credi a me, non puoi essere
uno sbaglio.