L’autostima è una truffa da telemarketing

Ho paura.
E schifo gli eterni coraggiosi.
Perché ho paura persino
di fare una carezza.
Di uscire fuori dal portone del palazzo.
Delle grate sui marciapiedi.
Degli insetti.
Quando porto le chiappe in piazza
ho paura che i sassi lanciati
mi ritornino dritti in fronte.
Non ricordo mai i nomi.
In mezzo a tutti quelli dai discorsi grandi
ho paura di sbagliare teorie e congiuntivi.
Quando sono emozionato balbetto.
i migliori saranno anche folli,
ma io mi sento soltanto pazzo
senza nessun particolare talento.
Non sopporto le anime belle
con le vite di cristallo
che poi sono vetri sotto i piedi
ficcati nella carne.
M’innamoro degli sconosciuti
per poi scartarli quando li conosco meglio.
Non ho mai messo le corna a nessuno
in compenso tradisco le aspettative.
Dentro e fuori questa stanza
non c’è altro che tempesta
e l’autostima è un’enorme truffa
da telemarketing.

Non sono

Non sono
non sono un’altezza un peso
non sono un sesso, un genere
una casella in un modulo.
Non sono il posto dove vivo. dove sono nato.
non sono tutti quei luoghi dove sono stato,
ma quelli verso cui vado.
Sono il mio vero nome,
quello che mi sono scelto.
Sono i libri di cui amo l’odore,
i film che non oso vedere,
sono ciò che mi imbarazza,
le persone che mi piacciono,
il profumo delle patate nel forno:
le mie battute che non fanno ridere,
ed anche le stupidaggini divertenti.
Sono un milione di piccole cose,
ma evidentemente ognuno sceglie
di vedere il milione di cose
che non sono.

Schermi

Lo schermo è il trapasso onirico.
Il conflitto di pace. Il dolore ammortizzato.
L’elmetto e il kalashnikov dei neutrali.
La solitudine e i mille amici virtuali.
La falsità.  Il numero dei follower.
Lo spettacolo dell’angoscia. Lo zuccherino.
Lo schermo ci avvicina ma non ci sopportiamo.
Gli attriti non finiscono. Guerra di commenti.
Esibizionisti che criticano esibizionisti per mezzo dell’esibizionismo.
Il trademark della noia. Zapping inutile.
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Effettofarfalla

Siedi su una panca scrostata
lui ti dice: non metterti in mostra
che lingua da stronzo e vigliacco,
tu tutto il silenzio del mondo,
io tutta la rabbia che ho.
Come si fa a non mostrarsi?
una crisalide piena di caos
produce un effetto farfalla
e non può essere invisibile
mentre danza sul filo di un uragano.
Ti ho vista volare
tra le arance di endocrinologia,
resisti, resisti, resisti
oggi il succo sa di veleno,
e la tua piccola grande tragedia
non è scritta sui libri di storia
non è argomento per intellettuali
o carne per giorni della memoria;
l’ipocrita ha due lacrime:
una per farsi bello
un’altra per lavarsi le mani
i sordi non sentono le loro stesse urla
non ci riusciranno neanche domani.
Nel frattempo, se vuoi,
c’è questo ombrello
tienilo finchè non senti caldo,
che arriva la primavera.

Cuore di cyborg

Quando ti avvicini a me
non aspettarti che ti tenga fra le mani
come tengo una rosa scappata dal vivaio,
un piccolo robot arrugginito e triste
o una rabbia alimentata a malelingue,
nel petto fra cavi e sangue.
Però so resistere, rapida d’acido,
erompo anch’io dalla tirannia degli argini;
posso allungarmi a ripescarti,
se il tuo vagone, innamorato di carbone,
è deragliato nelle tue voragini.
Non sarò una stanza isolata dal mondo,
ma forse un cerotto sì.