Non mi curo più di cercare un happy ending

Mi rimbocco le coperte mi leggo le fiabe
ognuna comincia con un se.
Se soltanto non fossimo sopravvissuti al fungo atomico
se soltanto non avessimo tracciato ogni essere vivente,
a penna, sulla cartografia che diremmo insorgente
se solo le nostre conversazioni fossero rimaste fantasie
se solo avessimo utlizzato male il tempo che ticchetta
a non martellare senza pietà la nozione del tempo stesso,
schiacciato fra il lavoro insubordinato e quello che non –
se non canticchiassi mai canzoncine di protesta
dietro le mura di cinta – d’insicurezza.
Se non ci svegliassimo di soprassalto dopo una serie di incubi
senza mostrarci  le nostre cicatrici per leccarcele a vicenda
e lasciarci sullo stendino un po’ soli a farci piovere addosso,
se ci fossero soltanto fan  dei fotogrammi
nati nelle sitcom e mutilati  nei drammi
tra file di popcorn e manciate di poltrone.
Leggo ancora molte fiabe senza fine –
non mi curo più di cercare un happy ending
né di ipotecare il presente.

Resistere esistere persistere

Stanco
e stressato
lavoro penso troppo
sono arrabbiato tutto il tempo
la colpa è tutta mia
perchè potrei fare di più
ma sono privo di energie e frustrato

adoro le liste
quindi elenco quello che faccio
soltanto per me,
per me

grazie a me
per piangere
finché non sprofondo in un valle di lacrime
risucchiata in un paio di salviette
e il tempo che spendo con la testa annebbiata
col pilota automatico per non schiantarmi
per il cibo che richiede poco tempo
per essere preparato e ingurgitato
per il web che navigo galleggiando come un morto
gli aggiornamenti vaghi, gli errori
per non tenermi sempre tutto dentro
per la ricerca di attenzioni.
Faccio del mio meglio.

Avevo conosciuto due persone
la ragazza che non sono
il ragazzo che pensavo di non poter essere
ma poi ho deciso di emanciparmi
anche se non esistono centri antiviolenza
per proteggere uno da sè stesso
non esistono, no
la normalità è incoscienza
mi manca e non m’interessa
che l’ultima democrazia si impicchi
con le budella dell’ultimo sociologo
sono ancora vivo
sono ancora qui.

Storia

Grandi nomi
incisi nella pietra
nella burocrazia
nelle bombe
eroi statisti principi
con donzelle-patrie
da salvare
e la cuoca di Lenin
sapeva dirigere lo stato
ma intanto restava
in cucina.
Le carte si autocelebrano
in un grosso pompino ideologico:
si scrive storia
si legge mitologia.

Numeri

Conto i peli delle tue sopracciglia
le volte che il tuo petto sale e scende
i ticchettii del tuo orologio biologico
che scorrono fino alla punta delle dita.
Conto le linee sulla tua mano sinistra
stringendola nella mia,
i lassi di tempo lasciati nel comò
che trovo e tiro fuori per tenermeli in tasca
continuando a contare
le maniere in cui mi fai sorridere
i segreti che condividiamo
il numero dei movimenti
quando dormi,
il tuo respiro calmo
a portata d’epidermide:
e quel che è più importante,
è che nessuno può portarmi via
tutti questi numeri.

La nostra amicizia è una falena

La nostra amicizia è una falena
incastrata in un paio di forbici.
Troppo vicini potremmo ucciderla
troppo lontani cesserebbe d’essere
per vicinanza non pervenuta.
La nostra amicizia è una creatura
tragicamente bella
e fragile.