Tieni le sigarette
nello stesso cassetto dei medicinali
e me ne sono accorto
troppo tardi
Quando la rivoluzione bussa alla porta
Quando la rivoluzione bussa alla porta
la pensi un afflato di tramontana
che porta via con sé ogni ingiustizia
Quando la rivoluzione bussa alla porta
ha l’aspetto dell’inquisitore, dell’impiegato, dell’ufficiale
che con ferma arroganza di legge
ti dice
fine contratto
niente esenzione
sotto sfratto
Quando la rivoluzione bussa alla porta,
ti getta in braccio un fucile
e io che sono sempre così arrabbiato
e io che sono sempre così arrabbiato
contro i ricchi lo stato e tutto il resto
penso: le cose si fanno serie
e il tracciato sismografico delle mie mani
è ampio e vivace quasi quanto il mio sorriso
e la mia ansia
Quando la rivoluzione bussa alla porta
gli alfieri dell’apatia di cui sono figlio
in giardino spiegano animosamente tutto
ai vicini di casa che piangono e urlano
e gli altri chiusi in casa non proferiscono parola
illusi che tutto andrà bene
Quando la rivoluzione bussa alla porta
non pensi mai che lo faccia
con le piccole tragedie
ma le piccole tragedie sono grandi tragedie
e questo non l’ha capito nessuno
Quando la rivoluzione bussa alla porta
non bussa, sfonda senza alternativa
e precipita nella tua vita come potrebbe un aeroplano
prepotente fino alla vittoria.
L’umanità è una pessima ingegnera
Portiamo a termine elaborati calcoli matematici
per risolvere i problemi di tutte le geologie
e poi quando il ponte siamo noi
con improbabile inattendibile fiducia diciamo cose come
sì posso sopportare tutto
poi crolliamo
sventriamo le macchine e sostituiamo i pezzi per via dell’usura
e ci stupiamo come bambini di fronte
all’esigenza di cambiare
e nel timore di sbagliare prendiamo misure così precise
da spaccare il capello quasi frattalmente
per poi valutarci nei riflessi distorti degli specchi dei luna park
esprimiamo così, insicuri di noi,
giudizi sommari fino al millimetro
ci guardiamo
ci diciamo
abbiamo sbagliato tutto
facciamo dunque un mucchio di stronzate
eppure nei giudizi negativi non esistono mai
errori di valutazione
nel paradosso che non ne azzecchiamo una,
ma nell’autodistruzione non ci sfugge un dettaglio
posso dire
l’umanità è una pessima ingegnera
Ballata per una benzodiazepina in A minore
Non ho dormito neanche stanotte
non riposo bene da un sacco di tempo
da quando una donna mi tiene sveglio
mi ricorda ogni fallimento e insicurezza
con solerzia un tantino maniacale.
Ha un potere così forte, lei
che gli altri diventano bamboline possedute
e stretti nei loro fili di burattino
dicono che la colpa è mia che non mi impegno per superare tutto questo
(e finisco per crederci pure io)
mi saluta un tale, ma chi t’ha mai visto
buongiorno signore, muori
ci sarebbe voluto un sorriso di circostanza
ma mi mancava l’ingrediente principale
(e comunque cucino male)
c’è una bicicletta da corsa in un vialetto bianco
legata a un lampione spento luccicante sotto un cielo rosa
una cornice coi pedali è irreale
proprio come mi sento io seduto in una saletta d’aspetto
a calcolare il tempo che ci metterà quel vaso di pianti rampicanti sopra il mio cranio
a frantumarsi nelle mie cornee, ora che ho passato molto tempo sopra di me
a fissarmi nello spazio vuoto
a fissarmi nello spazio,
vuoto
piccolo infarto che mi scalci furioso nel petto,
mi sottraggo a te – respiro lentamente, pare che mi aiuterà
ma inghiotto ossigeno come fosse melatonina
affondo le unghie nella lavagna trascinandole come reti da pesca
via, due dite nella presa della corrente per farmi folgorare dalla sensazione
di dover mandar giù lacrime che non ho nemmeno ancora versato
e ogni volta scordo di fare i biglietti per il treno
dei pensieri di merda
ma lei mi ricorda sempre:
offro io
e sono alla stazione quindi, mi tengo sveglio nell’attesa anche qui
e alla biglietteria mi tengo lontano dalla coda delle facili soluzioni
e mi chiedo, mi chiedo chissà se ai passeggeri del titanic l’hanno mai detto
cerca di non affogare.
Carta forbici sasso
Carta batte sasso
sasso batte forbice
forbice batte carta
(tutto chiaro,
conosco il gioco)
carta batte sasso
sasso batte forbice
forbice batte carta
carta batte me
mi è capitato di graffiarmi le dita tra le righe di un romanzo avvincente un saggio coinciso
e non me ne sono lamentato finché non mi è capitata una risma di fogli così appuntiti
da mozzarmi le aspirazioni
usavo forbici a punta arrotondata come da suggerimento
nella vaghissima speranza di non farmi male
ma ora mi chiedo com’è che nessuno mi ha ancora consigliato di sfogliare
banconote e documenti con guanti da lavoro:
quelli tagliano molto più spesso.