Apologia

Forse ti senti dubbiosa sul tuo genere
incerta sulla tua sessualità
sul perché i tuoi genitali non assomigliano a quelli altrui
o sul perché quelli altrui non ti interessano poi molto.
Oppure svariate di queste cose, simultaneamente.
Oppure nessuna.
Magari non ti accetti nemmeno. E ti odi anche.
Esistono almeno tre cappi in fila per te:
una croce, un contratto ed ogni sguardo che non sia il tuo.
Però se togli il cappuccio potrai notare dei cacciaviti;
prendine un bel po’, soltanto il fai da te
smonterà questo cazzo di patibolo.
Ho dei suggerimenti per te:
rivendica con forza
scrivi la tua storia, nei tuoi propri termini
renditi visibile, mostra la tua parte gaia – ma anche quella angosciata,
scegli il tuo discorso più infiammabile
prendi un fottutissimo accendino e dagli fuoco.
Fai apologia di te stessa,
sii carino: cis-positive ed hetero-friendly,
diventa malattia socialmente trasmissibile
proteggiti da quelle che lo sono sessualmente.
Tu. Tu laggiù nell’angolino.
Tu che detesti le immigrate, le travestite, le promiscue, le escort:
non vuoi marciarci assieme d’estate.
Ma erano loro a salvare il tuo culo bianco
un luglio newyorkese di tanti anni fa.
Continua pure a bere caffé israeliano in un pub dove non possono entrare;
alzerai un muro e ne sosterrai un altro, che ti piacerà,
perché sarà rosa come i tuoi acquisti, rosa shocking, scioccante:
lo stesso colore della tua indifferenza.
E tu invece, piccola adorabile frocia,
sappi che l’unico luogo dove dominati e dominanti
si scambiano di posto volentieri,
non si chiama patriarcato:
si chiama darkroom.
Ti aspetto lì.

Cyborg, robot ed altri conflitti

Cyborg, robot ed altri conflitti di corpi e tecnica
hanno spesso la mia adorazione, perché, in fondo, lo sono anch’io
altrimenti non saprei spiegarmi
com’è che mi ossido così facilmente e velocemente
che tutte le mie magliette nere – cioè tutto il mio armadio,
si ricoprono di scaglie che si fanno corazza:
una meraviglia di esoscheletro più o meno albino
realizzato saldando imbarazzo e patologia autoimmune.
Ho una strana configurazione che mi consente di interagire
soltanto con qualcosa di programmabile,
fatta eccezione per impegni e felini;
eseguo soltanto ordini precisi, stupido come un computer
ma solo quando mi va, furbo come un anarchico.
Con questo mio contenitore di metallo rosa chiaro
posso viaggiare pensare urlare creare,
dare e ricevere orgasmi, prendere il mio pianeta a schiaffi
e costruire navicelle spaziali, per raggiungerne uno
dove sarò il risultato di rapporti di ri/produzione
fatti di solo affetto sessuato senza biopolitica spicciola,
dove gli appuntamenti al buio tra me e la mia (r)esistenza
non mi ricoprano di psicosomatismi da stress,
ma di rossetto e lotta di classe.
Purché sia con stile.

Anelli

Relazione seria e normalizzata cercasi
solo maschili italiani e col portafogli gonfio
che mi portino in braccio, per sempre:
esattamente come un ergastolo.
Colonizzazione e imperialismo gay
si può, in fondo baby, you’re born this way
ma scegliamo bene i colori delle divise.
Diventiamo militari, combattiamo per la patria
otteniamo pure le briciole di questo pasto a base di merda
fatemi perquisire da un poliziotto e non da una poliziotta,
chi mi pesterà per ammazzarmi, non per farmi godere
ma ti dico che per me le mimetiche di qualsiasi provenienza
non fanno pendant con la bandiera arcobaleno,
e poi nel mondo che mi porto nel culo
non c’è traccia di sorveglianza.
Ed è per questo che quando mi chiedono
se sono uomo o donna, rispondo: frocio.
Non ho un cazzo fra le gambe: sono frocio.
Amo una donna e amo un uomo,
e chi non è donna e non è uomo: contemporaneamente,
sono bisessuale e poliamoroso: sono frocio.
Un banchiere che scopa con un capo di stato è gay:
un pompino sulle barricate è frocio.
Capitalismo sostantivo maschile
voce verbale del verbo schiavizzare,
è un uomo bianco come me
celebrate questo matrimonio omosessuale:
fiori d’arancio, lo spread che sale
dietro l’altare il sogno e un conto mai in rosso:
c’è solo un dio palestinese ma biondo
e vi ama se consumate:
la prima notte nel vostro letto,
e tutte le altre in un centro commerciale.
Abbiate fedi.

Orgoglio

Qualche giorno fa sulla metropolitana
ho lasciato un bigliettino,
sopra il quale ho scritto orgoglio.
Un uomo in giacca e cravatta, sulla trentina,
prima di sedersi l’ha preso. L’ha letto.
Ha anche riso.
Orgoglio di che?
e comunque, dio odia i froci.
Caro trentenne,
se il tuo dio esistesse
me lo metterebbe in culo
con tutta la virilità gentilmente concessa
dal suo strap-on di fiducia;
sarebbe donna, uomo,
entrambi o nessuno
dei due –
da nonmonogamo capisco bene
che il tuo dio ha milioni e milioni di partner
e non sempre ha del tempo tutto per te.
Sei geloso, capita a tutti, bellezza.
Ma se il tuo dio esistesse, mi adorerebbe:
la linea tra odio e amore è sottile
come i muri dove c’è
un glory hole.