Schermi

Lo schermo è il trapasso onirico.
Il conflitto di pace. Il dolore ammortizzato.
L’elmetto e il kalashnikov dei neutrali.
La solitudine e i mille amici virtuali.
La falsità.  Il numero dei follower.
Lo spettacolo dell’angoscia. Lo zuccherino.
Lo schermo ci avvicina ma non ci sopportiamo.
Gli attriti non finiscono. Guerra di commenti.
Esibizionisti che criticano esibizionisti per mezzo dell’esibizionismo.
Il trademark della noia. Zapping inutile.
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Effettofarfalla

Siedi su una panca scrostata
lui ti dice: non metterti in mostra
che lingua da stronzo e vigliacco,
tu tutto il silenzio del mondo,
io tutta la rabbia che ho.
Come si fa a non mostrarsi?
una crisalide piena di caos
produce un effetto farfalla
e non può essere invisibile
mentre danza sul filo di un uragano.
Ti ho vista volare
tra le arance di endocrinologia,
resisti, resisti, resisti
oggi il succo sa di veleno,
e la tua piccola grande tragedia
non è scritta sui libri di storia
non è argomento per intellettuali
o carne per giorni della memoria;
l’ipocrita ha due lacrime:
una per farsi bello
un’altra per lavarsi le mani
i sordi non sentono le loro stesse urla
non ci riusciranno neanche domani.
Nel frattempo, se vuoi,
c’è questo ombrello
tienilo finchè non senti caldo,
che arriva la primavera.

Cuore di cyborg

Quando ti avvicini a me
non aspettarti che ti tenga fra le mani
come tengo una rosa scappata dal vivaio,
un piccolo robot arrugginito e triste
o una rabbia alimentata a malelingue,
nel petto fra cavi e sangue.
Però so resistere, rapida d’acido,
erompo anch’io dalla tirannia degli argini;
posso allungarmi a ripescarti,
se il tuo vagone, innamorato di carbone,
è deragliato nelle tue voragini.
Non sarò una stanza isolata dal mondo,
ma forse un cerotto sì.

Lettera ad un autolesionista digitale

Anima dilaniata,
se t’incontro mi spezzetto io.
In me hai già piantato
un giardino di fiori e chiodi,
e io sono allergico.
Sono stanco di riciclarti, ferraglia,
col potere del pensiero.
Torna nuovo: se cerchi casa nel mio server,
non ne troverai più nel tuo.
Firmato,
suicidio.

Monumento al femminicida ignoto

ANSA) – ANCONA, 23 MAR – Inaugurata oggi ad Ancona la prima statua in
Europa dedicata alle donne vittime di violenza.

‘Violata’, opera di Floriano Ippoliti, e’ frutto di una sinergia tra Regione, associazioni femminili, privati e il Comune di Ancona che l’ha accettata in dono. In un messaggio alla presidente della Commissione regionale Pari Opportunita’, la presidente della Camera Laura Boldrini ha annunciato che solleciterà il Parlamento “affinché si approvi in tempi rapidi una legge contro il femminicidio”.



Tralasciamo, anche se è molto difficile, la qualità dell’opera in questione, sulla quale stenderei un velo pietoso.
Non so se l’avete vista ma è una specie di puffa gigante svestita con una borsetta in mano, se non facesse piangere farebbe venir da ridere. Qualcuna se ne lamenta definendola come un “offesa alle donne” senza però scendere nel merito. Innanzitutto sarebbe anche ora di farla finita con l’indicare il nudo in generale come “offensivo”, va bene che abbiamo il vaticano a distanza di uno sputo, ma andiamo oltre il cattolicesimo, per favore. Detto ciò, a me sembra che la colpa della statua, e cioè dell’artista, sia per l’ennesima volta di raffigurare una vittima. Ci dovevamo aspettare forse altro? la risposta è no.
Commemorare “le vittime” è una cosa piuttosto diversa dal creare consapevolezza o qualcosa che rappresenti l’impegno contro la violenza.

Per fare un esempio, quando un capo di stato elogia coloro che mandano avanti la società – lavoratrici, lavoratori, eccetera – elogia, appunto, quella loro condizione, dal momento che se non fossero più tali per una questione logica non manderebbero più avanti un bel niente. In tal senso, pensare che il capo di stato in questione voglia tanto bene alle proletarie e ai proletari è di un ingenuità totale: in realtà, elogia la loro oppressione. Quindi, sicuramente non gliene importa un fico secco nè della loro liberazione nè di garantirgli il minimo indispensabile della sopravvivenza, se non per contentino. Allora perché aspettarsi una statua  che rappresenti la lotta? non è mica utile al capitale. In momenti di crisi, ovviamente non dal punto di vista mio, ma da quello del capitale, è necessario promuovere casalinghitudine, perché serve la famiglia come ammortizzatore sociale. In tal senso non vengono contemplate nemmeno altre tipologie di famiglie, perché le uniche famiglie utili sono quelle che possono produrre nuovi piccoli sfruttati e consumatori. Il femminismo e le lotte queer smantellano questi puntelli. E quindi via alle distrazioni di massa, che fanno puntare il dito contro le affermazioni di Berlusconi, di Battiato e di chissà chi. Sono schifezze e non è questo che viene messo in dubbio, ma finiscono per scatenare indignazioni da clickattivismo e social network dove ognuno, battendo furiosamente sulla tastiera e pubblicando il commentino arrabbiato, potrà sentirsi meno responsabile di come procede la situazione.
Quindi, è perfettamente coerente che chi non fa nulla per far sì che nessuna venga uccisa, commemori le vittime.
In fondo gli stati hanno monumenti al milite ignoto, e  sono gli stessi che mandano gente a farsi macellare per la felicità delle industrie della guerra e per quella di chi può neocolonialisticamente appropriarsi di risorse altrui. Vogliamo immagini che ci rappresentino? realizziamole e appiccichiamole ovunque. Tolgono fondi a centri violenza e consultori? teniamoli in piedi con l’autogestione. Non c’è bisogno dei fondi istituzionali, non c’è bisogno di addomesticamento, non c’è bisogno di autorità e di padroni. L’establishment produce merdosità estetiche? il  subvertising esiste anche per questo. E comunque, di un fronte unitario delle donne, senza conflitti di classe ed etnia, come se proletarie e migranti non esistessero, non ce ne facciamo nulla di utile. Intanto, direi che potremmo rinominare questa statua come monumento al femminicida ignoto. E mica tanto ignoto, dopotutto.
Un’ultima considerazione la farei sul concetto di femminicidio in sè, che esclude tutte quelle che, in un modo o nell’altro, non rientrano nel modello sessista della provetta casalinga, schiava ammazzata per sbaglio; è  razzista perché le donne di colore non esistono e non vengono considerate, transfobico perché spesso si riconduce l’oppressione a una presunta violenza innata di chi nasce maschio. Per non parlare delle lavoratrici del sesso: secondo qualcuna, è quasi fisiologico che debbano subire violenza. Una legge contro il femminicidio punisce il fatto compiuto, non evitando minimamente spargimenti di sangue, e men che meno fornisce reddito a quelle persone che vogliono emanciparsi da relazioni dove c’è un partner abusante; in sostanza, non serve assolutamente a niente, se non a strumentalizzare questioni femministe per creare ancora più cultura securitaria e ancora più prigioni per tutti e tutte. Esiste il concetto di violenza di genere, molto più ampio e che non si può trascinare per la giacchetta, perché i primi ad esserne colpevoli sono, guarda un po’, le istituzioni e il sistema economico.

Usiamolo.